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VIVALDI - Dixit Dominus RV 595, riduzione per canto e pianoforte, ed. critica [lat]
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VIVALDI - Dixit Dominus RV 595, riduzione per canto e pianoforte condotta sull'edizione critica • Testo latino
Ed. critica M. Talbot - Riduzione per canto e pianoforte di A. Frigé
Il Dixit Dominus RV 595 di Antonio Vivaldi, pur possedendo alcune caratteristiche in comune con la sua più nota intonazione dello stesso testo liturgico, RV 594, fra cui l’adozione della stessa tonalità d’impianto e altri particolari minori, per altri aspetti se ne discosta in maniera assai considerevole. Anzitutto, il brano utilizza un organico indiviso (vale a dire, non ripartito «in due cori» distinti): in secondo luogo, essendo databile attorno al 1715, si colloca all’inizio dell’attivit compositiva di Vivaldi nel genere sacro, anziché appartenere a un periodo posteriore. Da un punto di vista estetico, inoltre, esistono delle evidenti similitudini fra RV 595 e le dueintonazioni vivaldiane del Gloria, RV 588 e RV 589. Tre degli undici movimenti di cui il Dixit è costituito rielaborano, infatti, del materiale musicale preso a prestito da altri compositori: in due casi si tratta di singoli movimenti di brani di autori ignoti appartenuti all’archivio personale di Vivaldi: nel terzo caso di un madrigale (ben camuffato) di Antonio Lotti, pubblicato nel 1705. Tutti gli imprestiti sono integrati all’interno della struttura del brano in modo così efficace da non pregiudicare il carattere unitario dell’intonazione. Fra i momenti più riusciti di RV 595 vale la pena di menzionare almeno i due movimenti inziali (l’uno vivace e l’altro più intensamente contemplativo) e il quarto, «Tecum principium», con il dialogo che s’instaura fra i due violoncelli obbligati e la coppia dei soprani. Questo Dixit Dominus, trasmesso in un unico testimone custodito a Praga, appartiene di diritto ai più riusciti saggi compositivi vivaldiani di ampie proporzioni nel genere vocale sacro. L’Introduzione e le Note critiche di questa riduzione per canto e pianoforte si rifanno all’Edizione critica di Michael Talbot, pubblicata nel 1993.