1886
Correva presumibilmente l’anno 1886 quando il ventenne Francesco Bongiovanni partì da San Piero Patti, piccolo Comune annidato tra le montagne messinesi, per compiere il servizio militare a Bologna. Lo accompagnavano – pensiamo – un notevole spirito di intraprendenza e l’amore per la musica. È possibile, inoltre, che nella sua valigia avesse messo il flauto che suonava nella banda del paese. Avrebbe suonato il flauto anche nel reggimento dei bersaglieri e, più tardi, saltuariamente, niente meno che sotto la direzione di Arturo Toscanini. Molto probabilmente Francesco non sapeva che non avrebbe mai più fatto ritorno nella splendida terra siciliana e sicuramente ignorava che il suo flauto sarebbe stato custodito gelosamente dai suoi figli, dal nipote, dal pronipote e dalla generazione ancora successiva.
1905
Terminato il periodo di leva, Francesco fu assunto nel negozio di musica “Riuniti stabilimenti musicali Giudici & Strada – A. De Marchi – A. Tedeschi di Paolo Mariani fu Carlo”. Nel maggio 1903 Francesco si definisce “rappresentante” di questo negozio, e nel giugno 1904 lo rileva, diventandone proprietario e fondando lo “Stabilimento musicale Francesco Bongiovanni”. L’attività del negozio si fondava principalmente sull’edizione e il commercio di spartiti e sul noleggio e la vendita di strumenti musicali. In quest’ultimo ambito, Francesco era riuscito ad assicurarsi la rappresentanza per l’Emilia dei pianoforti Bechstein di Berlino. Alla fortuna di Francesco contribuì senz’altro una particolare atmosfera della Bologna di inizio ‘900, descritta con affetto e precisione da Renzo Giacomelli in un capitolo di Vecchia Bologna. Ricordi di mezzo secolo (Cappelli editore, 1962) entusiasticamente dedicato al Gabinetto di musica da Bongiovanni, e in particolare al “Cenacolo musicale”, chiamato anche “cenacolo delle beffe”. Ogni giorno, verso le 18, il cenacolo diventava l’anima stessa del negozio. E alla voce di Giacomelli, testimone attento e garbato, cediamo per un attimo la parola:
Quando Bologna era come un guscio di noce tutti ci si ritrovava nel Mercato di Mezzo, lungo e sottile come un corridoio, amabile come un salotto, brulicante di gente come un formicaio. Fin d’allora, nel Mercato di Mezzo […] fra tanti negozi dalle vetrine sgargianti, stracariche di mercanzie, c’era, modesto e discreto, il “Gabinetto di musica” del Bongiovanni, e, in fondo, dietro una piccola porticina a vetri, una stanzetta semibuia con poche seggiole e qualche pianoforte.
Quella disadorna stanzetta, ogni giorno, verso le ore 18 si animava per gli improvvisati ritrovi di artisti, musicisti, letterati, giornalisti, gentiluomini e personalità più note della nostra vita cittadina […]. Fra tutti costoro, le figure di Ottorino Respighi e di Cesare Paglia spiccavano per l’originalità di due tipi tanto diversi: sempre arruffato e trasandato il Respighi […], sempre inappuntabile il Paglia […]. Ottorino Respighi e Cesare Paglia erano gli animatori più estrosi e instancabili di tutte le burle, di ogni paradossale discussione e di quelle umoristiche esecuzioni musicali nelle quali i due incorreggibili sprigionavano il loro senso comico, parodiando capolavori vecchi e nuovi […]. Ottorino Respighi e Adolfo Gandino e lo stesso Paglia (Gaianus) che, pur non professando di musica, era maestro e compositore di gusto squisito, incominciarono a produrre e Francesco Bongiovanni a farsi “editore” pubblicando le belle musiche che i tre gli portavano e che Venturino Venturini e Zanelli man mano illustravano con garbate copertine. “Nebbie” e “Nevicata” del Respighi, per ricordare le più note, sono di quell’epoca e vanno annoverate fra le più belle liriche per canto e pianoforte che siano apparse in Italia da quel tempo a tutt’oggi.
In questo clima animato e goliardico, nacque il “Re Enzo”, opera comica di Ottorino Respighi su libretto di Alberto Donini andata in scena una sola volta al Teatro del Corso il 12 marzo 1905, con interpreti scelti quasi esclusivamente tra gli studenti bolognesi. Del cenacolo rimane anche un disegno, quasi uno schizzo veloce e improvvisato con dedica di Venturino Venturini a Francesco. Ancor oggi appeso alle pareti del negozio Bongiovanni, raffigura il cenacolo musicale nel fervore della sua attività. Respighi è intento a suonare il pianoforte, lo ascoltano il duca Visconti di Modrone, all’epoca soprintendente del Teatro alla Scala, ripreso di spalle con grandi orecchie a sventola, il librettista Zangarini con un grande cappello a tesa larga, il critico dell’Avvenire d’Italia Storni Ringhieri e sulla destra, dietro il bancone, comunque affaccendato a lavorare, il nostro Francesco.
1925
Grazie anche alla vivacità del cenacolo, già nel 1925 la Casa editrice poteva vantare un catalogo ricco e vario, comprendente musiche di Ottorino Respighi, Ildebrando Pizzetti, Pietro Cimara, Luigi Ferrari-Trecate, Gian Francesco Malipiero, Francesco Balilla Pratella, Vittorio Gui, Franco Alfano, Riccardo Zandonai. Il catalogo comprendeva opere teoretiche e scientifiche (tra le quali il fortunatissimo “Metodo di divisione musicale” di Pasquale Bona) e libri di interesse musicale, musica vocale da camera, duetti, opere e operette, cori, inni, musica sacra e spartiti per pianoforte, organo, violino, viola, violoncello mandolino, chitarra, arpa, nonché (a noleggio) partiture per orchestra. I giovani dovevano essere grandi frequentatori dello stabilimento musicale, se, ancora nel catalogo del 1931, Francesco riportava questa frase pubblicitaria e austera a un tempo “Trovasi sempre pronta tutta la musica richiesta dai programmi d’insegnamento di tutte le scuole del Liceo Musicale (oggi Conservatorio Giovanni Battista Martini) e di ogni altro istituto o Scuola Maschile”.
Una menzione a parte meritano le musiche corali di ispirazione popolare dovute alla penna del lughese Francesco Balilla Pratella. Di quest’ultimo, nel 1912, Francesco aveva pubblicato la riduzione per pianoforte della Musica futurista per orchestra, preceduta dal manifesto dei musicisti futuristi, con copertina illustrata nientemeno che da Umberto Boccioni. Oltre a questa, in effetti, molte delle edizioni Bongiovanni dell’epoca si distinguono per i loro eleganti frontespizi, affidati - soprattutto nei primi anni di attività della casa editrice - a disegnatori liberty, illustratori, incisori e decoratori. Francesco avviò anche pubblicazioni a carattere periodico: in particolare, una collana di musiche per mandolino e chitarra uscì con cadenza quindicinale tra il 1913 e il 1915 con il titolo Il dilettante mandolinista e successivamente un giornale, sempre a cadenza quindicinale, intitolato La rassegna dell’arte e del lavoro, comprendente cronache di eventi teatrali locali e profili di artisti, pubblicato per tre annate a partire dal 25 settembre 1921. Attraverso quest’ultimo periodico, Francesco indisse concorsi per la migliore pubblicazione a tema, destinata poi ad essere pubblicata dalla sua casa editrice.
Lo spirito d’iniziativa di Francesco trovò senz’altro nella musica un’appassionante valvola di sfogo e indubbiamente il suo lavoro di editore e di commerciante fu premiato dalla stima della città a cui ormai sentiva di appartenere. Ma forse una domanda può nascere spontanea. Abituato alla musica scritta e a quella interpretata dal vivo nei teatri e nel retrobottega del suo negozio, all’emozione del suono ascoltato nell’istante stesso della sua esecuzione, con quale animo Francesco accolse il progressivo diffondersi delle prime incisioni su cilindri fonografici e su dischi a 78 giri? Quale fu il suo pensiero di fronte alla possibilità di riprodurre innumerevoli volte lo stesso brano sempre uguale a se stesso, senza la presenza di musicisti, cantanti, strumenti e spartiti? Purtroppo, non abbiamo modo di rispondere, anche se possiamo immaginare che questo cambiamento davvero epocale abbia portato con sé dubbi e difficoltà. Possiamo però affermare con certezza che anche i cilindri e i dischi a 78 giri entrarono comunque a far parte dell’ormai ricchissima offerta musicale del negozio Bongiovanni.
1944. Soldati Americani in via Rizzoli. Il nostro negozio (sulla sinistra) è uno dei pochi rimasti aperti durante gli ultimi mesi della guerra.
Fino al 1959, anno della sua morte, Francesco continuò instancabilmente a seguire le sorti del negozio e della casa editrice che trasferì in un piccolo e fortunato negozio in Via Rizzoli 28/E, quasi di fronte al negozio di Via Rizzoli 5. Nella sua lunghissima attività fu affiancato dai figli Edoardo e Teresita che riuscirono sapientemente e coraggiosamente a traghettare la casa musicale nelle acque tempestose della seconda Guerra mondiale e nei difficilissimi anni del Dopoguerra.
1957
Nato nel 1932, nipote di Francesco, Giancarlo Bongiovanni seguì gli studi scientifici e si laureò in geologia. L’AGIP mineraria, che lo assunse subito dopo la laurea, gli affidò l’incarico di cercare il petrolio nell’entroterra della Sicilia ed in altre località italiane, allontanandolo dunque per lunghi mesi dalla sua Bologna. Giancarlo amava e ama tutt’ora raccontare aneddoti tratti da quei viaggi giovanili e avventurosi, ci scherza su e riflette su quella strana esperienza di gioventù che gli insegnò l’importanza e il valore della Ditta di famiglia, alla quale, dismessi ben presto i panni di geologo, dedicò poi tutta la sua vita, le sue energie e il suo spirito d’iniziativa dirigendo il negozio e la casa musicale dal 1957 al 2018, affiancato – già sul finire degli anni ’70 – dal figlio Andrea.
1975
Grazie a Giancarlo, la ditta Bongiovanni compie un salto di grande importanza: aggiunge all’editoria musicale quella discografica con una specialità di cui può vantare la primogenitura in Europa: i dischi dal vivo. Giancarlo, intervistato al proposito, racconta: “Ho deciso di fare il discografico negli anni ’70. Volevo proporre ai melomani il gusto di ascoltare grandi e belle voci, captate dal vivo, senza i sortilegi magici dei grandi studi di registrazione, volevo proporre il fascino del “live”, registrato però con strumenti che garantissero una buona resa tecnica e con l’adesione e il permesso dei cantanti stessi”. In effetti, nel 1975, Bongiovanni propose a Mirella Freni di registrare il concerto che il grande soprano avrebbe tenuto a Modena per festeggiare i venti anni di carriera. “Venti anni di bel canto” - questo il titolo dell’LP scaturito dal concerto ed edito da Bongiovanni - fu un disco molto fortunato, per diversi motivi.
Potremmo provare a sintetizzarli partendo da quello forse più futile, ma tuttavia non privo di riverberi anche sull’attuale produzione della Ditta. Nel 1975 cadeva l’anniversario dei settant’anni di attività della casa musicale e da questa coincidenza tra pubblicazione del recital e anniversario dell’attività nacque il logo “70° Bongiovanni”, ancor oggi presente in tutte le edizioni della casa musicale. Ad osservarlo bene, lo “zero” presente nel logo non è altro che un LP contraddistinto da microsolchi ben marcati e raggiunto dalla “o” in apice come dalla puntina di un giradischi.
1976
Passiamo a un motivo ben più importante: nel 1976, al recital di Mirella Freni edito da Bongiovanni fu assegnato il premio della critica discografica italiana. Questa la stringata quanto significativa motivazione del premio: “Premiato per il valore di documento della registrazione dal vivo e in riconoscimento del prestigio artistico conseguito da Mirella Freni in venti anni di carriera”. Giancarlo stesso, in una delle tante interviste, ammette che quel premio gli diede il coraggio di continuare la sua originale attività editoriale, incentrandola, nei suoi diversi aspetti, sulla pubblicazione di dischi-documento, seguendo il criterio di offrire ai melomani, agli appassionati e agli studiosi qualche cosa di nuovo e stimolante che non avevano e non potevano procurarsi facilmente altrove. Dunque, sempre grazie a quel primo e ormai classico recital, Giancarlo individuò sia il pubblico al quale intendeva rivolgersi sia il proprio linguaggio di editore, o meglio, ebbe conferma della possibilità di inserirsi in una porzione di mercato e di offerta musicale non raggiunta e non “coperta” dalle grandi etichette discografiche.
Il recital di Mirella Freni, il “GB1” non rimase solo a lungo. Fu presto raggiunto da altre registrazioni live: ricordiamo, andando con ordine, i recital di Pedro Lavirgen, Roberto Francesconi, Giorgio Merighi, Renato Bruson, Olivia Stapp, Kari Nurmela, Leo Nucci, Katia Ricciarelli, Martine Dupuy, Marilyn Horne e Luciana Serra. Per amore di completezza, dovremmo ricordarne molti altri ancora, ma ci limitiamo a sottolineare come Giancarlo rivendicasse il merito culturale di aver fatto conoscere al pubblico italiano – tramite l’incisione di diversi recital - la meravigliosa voce di Alfredo Kraus, con il quale intercorreva un rapporto di profondissima stima e amicizia.
Alla collana dei recital se ne affiancarono altre che nel volgere di pochi anni si arricchirono di numerosissimi titoli e confermarono con il loro successo la lungimiranza della proposta musicale del disco-documento, dell’incisione come testimonianza storica di una voce, di un’opera, di una esecuzione altrimenti irrimediabilmente perduta. La prima di queste collane, “Il mito dell’opera” – diretta dapprima da Daniele Rubboli e poi da Francesco Battaglia - raccoglie riproduzioni, con tecniche aggiornate, di vecchi dischi di cantanti di rilevanza storica. Ricordiamo le antologie dedicate alle grandi voci bolognesi, ferraresi (in tre volumi) romagnole e modenesi, le collezioni complete dedicate a Bernardo De Muro e Giuseppe Anselmi, unitamente alle “Rarità mascagniane” e ad amplissime antologie relative ai lasciti discografici delle più importanti voci del passato.
La seconda collana “Novità del passato” riunisce oggi numerosissimi titoli. Per coerenza, citiamo le prime uscite, ricordando Demetrio e Polibio di Rossini, Le serve rivali di Tommaso Traetta, Olivo e Pasquale di Gaetano Donizetti, Maria Egiziaca e Lucrezia di Ottorino Respighi e Gli Orazi e i Curiazi di Cimarosa, a cui più tardi si aggiunsero L’esule di Roma, Il furioso all’isola di Santo Domingo, Torquato Tasso di Donizetti, Il piccolo Marat, Sì e Amico Fritz di Mascagni. La serie comprende inoltre opere sinfoniche e cameristiche di Ponchielli, Pergolesi, Mercadante, Bottesini e molti altri. Parallela all’attività di discografico e quasi leitmotiv di quest’ultima fu per Giancarlo – che, come abbiamo detto, fu ben presto e validamente affiancato dal figlio Andrea - quella di editore di libri: e tra questi, pure piuttosto numerosi, non possiamo non ricordare “Voci Parallele”, “A viso aperto” e “L’equivoco” di Giacomo Lauri Volpi e “Le voci raccontate” e “Daniele Barioni. Davanti a lui tremò il Metropolitan” di Daniele Rubboli.
All’attività di negoziante e di editore Giancarlo unì sempre quella di promotore e “pubblicitario” della casa musicale. Con l’avvicinarsi del Natale, tutti i suoi clienti – dai più vicini ai più lontani – ricevevano il “listino”, ovvero un fittissimo catalogo di tutto quanto poteva offrire il negozio Bongiovanni. Pochissimi di quei clienti sanno o possono immaginare che nell’assemblaggio e nella spedizione di quel catalogo era coinvolta tutta l’ampia famiglia di Giancarlo, dai più grandi ai più piccini, ciascuno con il proprio compito e con la precisa consapevolezza di partecipare a una missione di primaria importanza per la Ditta. Il “dottore”, inoltre, quello stesso Giancarlo che non aveva amato allontanarsi da Bologna alla ricerca del petrolio, intraprendeva lunghi viaggi estivi alla scoperta dei più importanti teatri del mondo, guidato dalla curiosità per i gusti del pubblico e dalla volontà di distribuire all’estero l’ormai ampia, ma sempre originale, produzione discografica.
Ostile a qualsiasi ampliamento di un’attività che aveva fatto della conduzione famigliare uno dei propri punti di forza, Giancarlo cercò sempre di mantenere uno strettissimo contatto con Bologna e con i suoi clienti più diretti e abituali. Prova tangibile ne sono le numerosissime fotografie che affollano l’archivio della ditta e immortalano dei “firmacopie” ante litteram: preceduti da un’accurata pubblicità predisposta con locandine affisse un po’ ovunque nelle vie centrali della città, questi eventi di non piccola portata vedevano una vera e propria folla di appassionati accalcarsi nel piccolo e sempre disordinato negozio di Via Rizzoli. Ne furono protagonisti, tra gli altri, Luciano Pavarotti, Riccardo Muti, Mirella Freni, Mariella Devia e Alfredo Kraus.
1995
Un articolo di giornale pubblicato nel 1995 in occasione dei novant’anni di attività della Ditta Bongiovanni, descrive con parole tanto precise quanto vere l’ambiente e l’atmosfera del negozio:
Questo paradiso dei collezionisti è una stanza piuttosto piccola dove dischi ed edizioni musicali sono raccolti senza la pur minima preoccupazione del look. Sembrerebbe un magazzino disordinato e invece ogni ricerca, anche la più ardita, giunge miracolosamente e velocemente a buon fine. Il minuscolo retro non smentisce questa atmosfera di efficiente precarietà: un tavolinetto dove accanto a fax e computer si ammassano fogli, lettere, partiture inedite e dal muro incombono foto con dedica dei grandi del passato.
L’articolo giornalistico - del quale ci spiace non poter citare l’autore, purtroppo non riportato - ci restituisce con pochi tratti molto sapienti l’atmosfera della piccola “bottega”.
C’è il vecchio melomane incallito che puntualmente viene da Budrio a chiedere in dialetto stretto emiliano le ultime uscite mascagniane: uno sguardo ai titoli, un commento ad alta voce, forse un acquisto e la piccola dose di felicità quotidiana è conquistata. Oppure, ecco il fan della classica giunto apposta da Padova che cerca un concerto di Albinoni, ma dà un’occhiata anche alle opere di Pratella. Poi, dal retro, compare lui, Giancarlo Bongiovanni “il dottore” di queste cure dell’anima… C’è un’aria di famiglia di altri tempi a casa Bongiovanni nel cuore di Bologna. Non mancano clienti che hanno sentito in TV o alla radio, come sottofondo di uno spot pubblicitario, un’aria, una musica o una romanza e non sanno con precisione di quale brano si tratti, ma vogliono identificarlo e acquistare il disco. Canticchiano fiduciosi il motivo musicale a Giancarlo e aspettano dal “dottore delle cure dell’anima” di sapere di quale opera di musica classica o sinfonica si tratti. Con aria pensosa e forse volutamente misteriosa, ma comunque divertita, il dottore cerca un disco e lo mette sul giradischi. La musica inonda improvvisamente il piccolo negozio e… sì, invariabilmente, è proprio quella che si voleva individuare!
La stampa specialistica così riassume l’attività di Giancarlo:
L’attività complessiva, sui diversi piani, della Casa musicale Bongiovanni è senz’altro assai ragguardevole e più che lodevole anche perché condotta nel rispetto di una ininterrotta attività culturale. Anche con dimensioni limitate si può dunque sopravvivere e far cultura e Bongiovanni lo dimostra così bene che il suo nome e il risultato del suo lavoro sono conosciuti e apprezzati in almeno tre continenti. Di più non poteva sperare Francesco Bongiovanni allorché nel 1905, apriva bottega nella Bologna carducciana, all’ombra delle due torri.
Anche in questo caso, purtroppo, non disponiamo del nome dell’autore dell’articolo, ma ci associamo a queste lusinghiere parole con l’intento di esprimere tutta la gratitudine che proviamo nei confronti delle generazioni che ci hanno preceduto.