Partiamo dal presupposto non infondato che tutti siamo in grado di cantare, poiché se sappiamo parlare sappiamo anche cantare.
La voce che permette di parlare è la stessa che impieghiamo nel canto. Si potrà discutere sulla qualità della voce, sul modo con cui viene usata, ma sta di fatto che tutti possediamo uno "strumento musicale" in grado di trasmettere il nostro personale e inconfondibile suono.
È noto che fin dai primi anni di vita viene privilegiato il linguaggio della parola, perché necessario per comunicare e perché tutte le persone che ci aiutano a crescere sono dei volontari o involontari insegnanti.
Il parlare diventa allora esercizio quotidiano dal quale nessuno viene escluso e di cui bene o male tutti usufruiscono.
Non si può dire la stessa cosa per il canto (anche se lo strumento che lo produce è sempre lo stesso) poiché il canto è indubbiamente più impegnativo rispetto al parlato, impiega una gamma di suoni molto più estesa e richiede una preparazione più accurata e specifica. Gli insegnanti allora sono molto più rari e si possono incontrare nella scuola o nella parrocchia del quartiere.
Si tende anche, da parte degli insegnanti stessi, ad applicare una selezione severa che si traduce nell'isolamento di coloro che non mostrino subito qualità naturali ed istintive di musicalità ed intonazione. Molti di noi ricorderanno certi momenti della fanciullezza o dell'adolescenza nei quali, in una esibizione corale, ci siamo sentiti umiliati da affermazioni come : "Tu taci, che sei stonato", oppure: "Muovi la bocca ma non cantare". Questi casi, purtroppo frequenti, ci hanno fatto crescere con la convinzione di essere stonati, mentre in effetti non lo siamo. E venuto il momento di dimostrarlo.