ANTONIO JUVARRA - Cantare, decantare, incantare
Come diventare cantanti e non imitatori vocali
Entrare nell’universo del canto è ritrovare se stessi, la propria dimensione più autentica e profonda, che comprende anche quella espressiva.
Esistono due modi di cantare: imitando dall’esterno dei suoni oppure scoprendo la propria vera voce e lasciandola risuonare liberamente. Solo il secondo modo dona quel senso euforico di apertura dell’essere, di elevazione e di liberazione, che spinge tante persone sulla strada del canto, ma purtroppo al giorno d’oggi è soprattutto il primo modo a essere proposto e propagandato.
Ogni epoca ha un’immagine, un simbolo che ne rappresenta lo spirito, l’essenza. Il ‘meccanismo’ è l’immagine in cui ancora si rispecchia e si esprime la modernità del Duemila.
Come i bambini sono convinti che nella radio si nasconda un omino che ci parla dentro, così i moderni didatti e scienziati del canto sono convinti che nel corpo si nasconda una macchina vocale che può entrare in funzione solo leggendo i libretti di istruzione, da loro predisposti. I risultati di questa convinzione si possono sentire nelle scuole di canto e nei teatri…
Si dice che il corpo diventi ciò che uno vi introduce mangiando. Analogamente il cantante diventa ciò che egli immagina cantando. Se immagina muscoli e cartilagini, il suo canto non potrà che essere, per definizione, muscolare e laringeo.
In effetti il canto è sì una disciplina del corpo, ma è una disciplina che si apprende educando la mente e non i singoli muscoli. Questa educazione inizia acquisendo la capacità di prendere coscienza delle varie sensazioni vitali e di evocarle cantando. Queste e non le immagini foniatriche delle corde vocali o dei vari muscoli rappresentano la vera tastiera del cantante.
In verità le tastiere meccanicistiche non sono che le gabbie in cui i cantanti inconsapevolmente rinchiudono la loro voce, e ogni anatomia della voce si trasforma ben presto in autopsia della voce…
«Se non speri l’insperabile, non lo scoprirai, perché inaccessibile coi calcoli e le mappe», ha scritto Eraclito venticinque secoli fa. Altrettanto dicasi dell’insperabile del vero canto, detto anche belcanto.
"(...) i moderni didatti e scienzati del canto sono convinti che nel corpo si nasconda una macchina vocale che può entrare in funzione solo leggendo i libretti di istruzione, da loro predisposti. I risultati di questa convinzione si possono sentire nelle scuole di canto e nei teatri..."
Sull'autore:
Antonio Juvarra da molti anni ha fatto oggetto dei suoi studi la tecnica vocale italiana storica, avendo come obiettivo il ripristino della sua struttura originaria. Ha cantato come solista nei più importanti teatri lirici, quali la Scala di Milano, l’Arena di Verona e la Fenice di Venezia, con direttori come Riccardo Muti e Gianandrea Gavazzeni.
Ha pubblicato il trattato Il canto e le sue tecniche (1987), il metodo teorico-pratico Lo studio del canto (1999) e i seguenti libri: Riflessioni figurate sul canto (2002), I segreti del belcanto. Storia delle tecniche e dei metodi vocali dal Settecento a oggi (2006), Cantare, decantare, incantare (2011), Incontri, esperienze e idee sul canto (2013), Canto perduto, canto ritrovato (2014), La tecnica vocale italiana (libro con DVD) (2014), Esserci o non esserci nel canto (2015), In principio era il canto (2016), In te si canta (2016), Vox alta, clara, suavis (2018) e Le Riflessioni di Giambattista Mancini, maestro di canto alla corte di Vienna (2018).
È stato invitato a tenere conferenze e corsi di canto al Mozarteum di Salisburgo, alla Lyric Opera di Miami, al Conservatorio Superiore di Strasburgo e in numerosi conservatori e università italiane, tra cui i conservatori di Napoli, Venezia, Parma e Bolzano. È stato inoltre relatore in vari congressi scientifici internazionali sulla voce cantata. Ha insegnato canto al Conservatorio di Castelfranco Veneto, all’Accademia d’arte lirica di Osimo e alla Scuola dell’Opera italiana di Bologna.
Copertina flessibile, 210 pagine