CANTÙ - L'Universo di Puccini da Le Villi a Turandot
Regular price €20,00 Save Liquid error (snippets/product-template line 131): Computation results in '-Infinity'%ALBERTO CANTÙ - L'Universo di Puccini da Le Villi a Turandot
Introduzione di Daniele Gatti
Da Manon Lescaut, il primo capolavoro, a Turandot che è l’ultimo melodramma “popolare”, fanno dieci colpi e altrettanti centri. E’ un fatto eccezionale nella storia del teatro musicale e un’eccezione assoluta nell’Opera del Novecento. Basterebbero questi dati a dimostrare la statura della musica e della drammaturgia di Giacomo Puccini (Lucca 1858-Bruxelles 1924) come il pubblico subito comprese mentre la critica, specie nostrana, per una situazione storico-culturale sfavorevole, stentò a riconoscere. Fece eccezione Georg Bernard Shaw che, di primo acchito, vide in Puccini l’erede di Verdi. Lo riconobbe tale anche se il mondo pucciniano dista anni luce da quello verdiano nel rispecchiare - Puccini campione della modernità - le ansie e gli smarrimenti dell’uomo del XX secolo, nell’accogliere e lenire i suoi bisogni emotivi. Questo libro copre un’avventura creativa lunga quarant’anni. Parte dalle profetiche Villi e dall’importante esperienza di crescita che fu il tormentatissimo Edgar (dal 2007 ne abbiamo la “versione prima” che si credeva perduta). Passa attraverso la “trilogia popolare” La bohème-Tosca-Madama Butterfly verso il Puccini più squisitamente novecentesco de La fanciulla del West, del cosiddetto Trittico (Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi) e della Commedia lirica (non Operetta) La rondine. Chiude sull’incompiuta Turandot con i diversi Finali di altro autore, incluso quello composto all’inizio del XXI secolo da Luciano Berio in un dialettico rapporto creativo fra ieri e oggi. Il libro si propone di ricavare un vero e proprio romanzo della drammaturgia di Puccini: una biografia d’artista attraverso le opere. Il viaggio accompagna il lettore per mano nel mondo pucciniano. Lo fa secondo criteri di alta divulgazione che respingono gli ermetismi senza rinunciare all’indagine di colui che oggi si può tranquillamente indicare come uno fra i maggiori uomini di teatro d’ogni tempo.